Amministrazione di sostegno: competente il Tribunale di dimora effettiva

COMPETENZA DEL TRIBUNALE PER LA NOMINA DI ADS: ARRIVA LA CASSAZIONE E FA ORDINE

ADS

Con l’ordinanza 17 aprile 2013, n. 9389 la Suprema Corte ha risolto la questione della competenza (trattavasi di un un conflitto negativo) tra Tribunale di Varese e Tribunale di Busto Arsizio in riferimento ad un procedimento per amministrazione di sostegno.

Il ricorso per la nomina di ADS al soggetto beneficiario era stato depositato avanti al Tribunale di Varese e dallo stesso nominato affermandosene competente poichè la residenza anagrafica del detto beneficiario era in un comune del circondario del Tribunale varesino (art. 404 c.c.)

Successivamente, atteso che il sottoposto ad ADS aveva dimora abituale in un comune del circondario del tribunale di Busto Arsizio, nasce conflitto di competenza fra i due uffici giudiziari in riferimento a quale dei due sia effettivamente quello che può disporre sulle istanze dell’amministratore.

Amministrazione di sostegno: competente il Tribunale di dimora effettiva

La Cassazione giunge ora a risolvere il conflitto attribuendo la competenza al Tribunale di Busto Arsizio (ove è sito il comune non di residenza, bensì di dimora del beneficiario), ricostruendo il percorso normativo e giursprudenziale che supporta la decisione e ricordando, fra l’altro, che l’art. 407 c.c. espressamente prevede, oltre alle generalità, la dimora abituale del beneficiario, prescrivendo che il giudice tutelare senta personalmente la persona cui il procedimento si riferisce, recandosi, ove occorra, “nel luogo in cui questa si trova“, potendo “in ogni tempo” modificare o integrare, anche d’ufficio, le decisione assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.

Sarebbe, del resto, persino contrastante con l’ordinamento che il Giudice dovesse svolgere le sue funzioni presso un circondario alieno a quello dove è in ruolo.

Alberto Vigani

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI – 1 CIVILE

Ordinanza 21 novembre 2012 – 17 aprile 2013, n. 9389

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul regolamento di competenza d’ufficio proposto dal Tribunale di Varese con ordinanza n. procedimento 380/2010 depositata il 22/02/2012 nel procedimento pendente tra:

D.S.T.;

D.S.R., quale amministratore di sostegno;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/11/2012 dal Consigliere Relatore Dott. PIETRO CAMPANILE;

è presente il P.G. in persona del Dott. LIBERTINO ALBERTO RUSSO.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con decreto in data 27 novembre 2010 veniva disposta dal Tribunale di Varese l’amministrazione di sostegno in favore di D.S. T., residente in (OMISSIS), ma di fatto domiciliato in (OMISSIS), presso la C.P.A. (OMISSIS), per la realizzazione di un percorso riabilitativo di lunga durata, in quanto affetto da “schizofrenia paranoide residualizzata”.

Successivamente, ad istanza della sorella del beneficiario, il Giudice tutelare di detto Tribunale, rilevato che la dimora abituale del predetto si trovava in (OMISSIS), ricadente nella circoscrizione del Tribunale di Busto Arsizio, disponeva allo stesso la trasmissione degli atti.

Con provvedimento in data 8 febbraio 2012 il Giudice tutelare del Tribunale di Busto Arsizio restituiva gli atti, affermando, sulla base della priorità attribuita alle risultanze anagrafiche, la competenza del Giudice tutelare di Varese.

Quest’ultimo ha richiesto d’ufficio il regolamento di competenza, affermando che la competenza territoriale deve intendersi radicata in base alla ormai pluriennale (a far tempo dal luglio 2005) permanenza del D.S. in (OMISSIS), sostenendo che l’individuazione della competenza territoriale in base a tale criterio realizzerebbe un forum conveniens, consentendo una più adeguata e sollecita realizzazione dell’interesse del beneficiario.

Non potendosi dubitare dell’ammissibilità del regolamento d’ufficio, strumento volto, a prescindere dall’impugnabilità del provvedimento, a sollecitare l’individuazione del giudice naturale da parte della Corte regolatrice, deve affermarsi, in conformità alle motivate conclusioni del P.G., la competenza del giudice tutelare del Tribunale di Busto Arsizio.

Come già rilevato di recente da questa Corte in un caso analogo (Cass., 7 maggio 2012, n. 6880), la vicenda in esame è sovrapponibile a quella esaminata in precedenza (Cass., 16 novembre 2007, n. 23.743), in tema di trasferimento del tutore, ritenuta non assimilabile al mutamento di residenza o di domicilio dell’amministratore di sostegno, con conseguente impossibilità di applicazione analogica della regola contenuta nell’art. 343 c.c., comma 2, che prevede il trasferimento della tutela, con decreto del Tribunale, “se il tutore è domiciliato o trasferisce il domicilio in altro mandamento”.

Tale orientamento è assolutamente condivisibile, laddove risultano valorizzate le precipue caratteristiche dell’amministrazione di sostegno, che pongono in evidenza la necessità che il beneficiario interloquisca con il giudice tutelare, il quale deve tener conto, nella maniera più efficace e diretta, dei bisogni e delle cui richieste, anche successivamente alla nomina dell’amministratore (artt. 410 e 411 c.c.).

A ben vedere il provvedimento del Busto Arsizio determina un risultato assolutamente contrastante con l’indicata finalità, per altro in assenza di qualsiasi valido supporto normativo.

Non può omettersi di considerare che l’art. 407 c.c., nell’enumerare le indicazioni richieste per la presentazione del ricorso per l’istituto dell’amministrazione di sostegno, espressamente prevede, oltre alle generalità, la “dimora abituale” del beneficiario, prescrivendo che il giudice tutelare senta personalmente la persona cui il procedimento si riferisce, recandosi, ove occorra, “nel luogo in cui questa si trova”, potendo “in ogni tempo” modificare o integrare, anche d’ufficio, le decisione assunte con il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno.

Ne consegue che anche nell’ambito dell’esercizio di tali poteri il giudice tutelare deve, soprattutto nei casi in cui si verifichino contrasti fra l’amministratore e il beneficiario, tener conto dell’interesse, dei bisogni e delle richieste del secondo (artt. 410 e 411 c.c.): l’esigenza di interloquire con il beneficiario stesso verrebbe ad essere gravemente frustrata dalla sua permanenza in località estranea al circondario del tribunale.

D’altra parte, non appare neppure pertinente il riferimento al principio della perpetuatio iurisdictionis, in materia di volontaria giurisdizione – nella specie, per altro, priva di carattere contenzioso – rileva la competenza del giudice al momento in cui debbono essere adottati determinati provvedimenti sulla base di una serie di sopravvenienze. Fra le stesse non può non includersi lo stesso mutamento (da intendersi in senso effettivo, a prescindere dalle risultanze anagrafiche) di residenza o di domicilio del beneficiario, che evidentemente, così come costituisce il presupposto della competenza territoriale in relazione alla nomina dell’amministratore di sostegno, deve presiedere, sulla base delle circostanze sopravvenute, per quanto attiene ai provvedimenti successivi da adottarsi nell’ambito dell’amministrazione di sostegno, analogamente a quanto avviene, ad esempio, nell’ambito della revisione delle condizioni delle separazioni personali dei coniugi, nelle quali assume rilievo, ai sensi del novellato art. 710 c.p.c., il luogo di residenza del minore. In tal senso, per altro, si è già espressa questa Corte, escludendo che il ricovero in caso di cura implichi necessariamente il trasferimento del domicilio, potendo tale ricovero avere carattere temporaneo e non continuativo (Cass., 15 ottobre 2011, n. 21370), così implicitamente affermando che il carattere della stabilità e della continuità, anche in caso di permanenza in case di cura, può determinare lo spostamento del centro dei propri interessi. D’altra parte, come opportunamente evidenziato nell’ordinanza che ha denunciato il conflitto, nella convenzione dell’Aja del 13 gennaio 2000 per la protezione internazionale degli adulti “vulnerables” si fa riferimento al concetto di “residenza abituale”, comunemente interpretato nel senso della necessità di individuare un foro maggiormente idoneo a tutelare l’interesse dell’adulto incapace.

Nè assume rilievo il carattere unitario della procedura: la stessa ipotesi disciplinata dall’art. 343 c.c., comma 2, dimostra come una procedura già “aperta” sulla base della competenza sussistente al momento della domanda, possa essere trasferita, senza che ciò implichi soluzione di continuità (come pure è stato sostenuto, postulandosi la revoca dell’amministrazione e l’apertura di un’altra fuori delle ipotesi disciplinate dall’art. 413 c.c.) in altro circondario.

Pertanto, poichè risulta che il beneficiario dimora ormai stabilmente – e volontariamente (cfr., per un’ipotesi particolare, Cass., 16 settembre 2011, n. 19017) – in località posta nel circondario del Tribunale di Busto Arsizio, applicandosi il principio sopra richiamato, deve individuarsi proprio nel tribunale di tale circondario la competenza attuale ad assumere i provvedimenti inerenti all’amministrazione di sostegno del D.S..

Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, trattandosi di regolamento di competenza d’ufficio nel quale le parti non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara la competenza del Tribunale di Busto Arsizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 1 della Corte Suprema di Cassazione, il 21 novembre 2012.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013.

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