La Corte di legittimità interviene su una materia, quella dei diritti personalissimi del beneficiario di AdS, per la quale non vi è una limitazione aprioristica della norma: con la sentenza Cassazione 11 maggio 2017 n. 11536, per la prima volta statuisce che in determinate fattispecie concrete, sia pur eccezionali, vi può essere una valutazione in tutela dell’interesse del beneficiario che porti alla limitazione della libertà matrimoniale da parte del Giudice Tutelare.
Detta scelta si sposa in particolare con quella lettura dell’istituto dell’amministrazione di sostegno che lo pone capace di sostituirsi in toto all’interdizione e, quindi, ne eredita gli strumenti di protezione per il beneficiario.
Ove poi sia interesse del beneficiario promuovere azione di annullamento del matrimonio, soccorrerà la possibilità di impugnazione per incapacità naturale (art. 120 c.c.), anche da parte dell’amministratore di sostegno ai sensi dell’art. 412 c.c.
L’art. 411 c.c., con il richiamo alle norme dettate per l’interdetto, ne consente l’applicazione nella misura in cui siano espressamente fatte oggetto di un provvedimento individualizzato del giudice tutelare, misurato sull’interesse del beneficiario.
Ecco un estratto dei passaggi più interessanti della citata “Cassazione 11 maggio 2017 n. 11536”.
Avv. Alberto Vigani
“Ritiene viceversa la Corte, secondo quanto pure sostenuto in dottrina, che il fuoco puntato sul best interest dell’amministrato non consenta a priori di escludere che, in circostanze particolarmente stringenti, diremmo eccezionalmente gravi, il divieto possa essere imposto: se, come stabilisce l’articolo 411, ultimo comma, c.c., ciò sia conforme all’interesse dell’amministrato, alla luce dell’interesse protetto dalla norma, con l’estremo sacrificio della libertà matrimoniale.
Tale lettura pare meglio armonizzarsi con la ratio che sostiene la legge sull’amministrazione di sostegno, la quale non soltanto relega l’interdizione al rango di strumento residuale, ma consente la nomina dell’amministratore di sostegno anche in situazioni talmente gravi da giustificare in astratto il ricorso all’interdizione, qualora ciò consenta di rispondere adeguatamente alle esigenze di protezione del beneficiario.
L’opposta soluzione, difatti, darebbe luogo alla configurazione di un caso in cui il ricorso all’amministrazione di sostegno è in se stessa preclusa, e si rende necessaria l’interdizione.
Nondimeno, rimane da escludere che, finanche in presenza di un provvedimento del giudice tutelare che abbia imposto all’amministrato il divieto di contrarre matrimonio, questo possa poi essere impugnato ai sensi dell’articolo 119 c.c.. Anzitutto, un’impugnazione ad opera del tutore ai sensi dell’articolo 119 c.c. non è pensabile in caso di amministrazione di sostegno per l’ovvia considerazione che manca in tal caso per definizione la sua nomina. Per il resto l’articolo 119 c.c. è posto a tutela per un verso di un interesse pubblicistico, come è testimoniato dalla legittimazione del Pubblico Ministero, per altro verso dell’interesse di terzi estranei all’interdetto, cui la norma si riferisce: previsione, quest’ultima, la quale, come è stato sostenuto, può in concreto ridondare in pregiudizio dell’incapace anziché rappresentare una rafforzata tutela della persona.
Ma, se il divieto di contrarre matrimonio può essere imposto al beneficiario di amministrazione di sostegno solo nel suo proprio interesse, è del tutto ovvio che il matrimonio contratto in violazione del divieto non possa essere poi invalidato se non in funzione della soddisfazione del suo stesso interesse e non di quello all’astratta osservanza del provvedimento giudiziale di divieto, ovvero, tantomeno, dell’interesse di terzi.E dunque – venendo alla vicenda in discorso – è a maggior ragione da escludere che i terzi possano impugnare il matrimonio ai sensi dell’articolo 119 c.c., nei confronti del destinatario dell’amministrazione di sostegno, in assenza – come in questo caso – di un divieto di matrimonio adottato dal giudice tutelare.
Il che, tuttavia, non vuol dire – sebbene non sia questo il caso che ci occupa – che l’eventuale divieto di contrarre matrimonio imposto dal giudice tutelare nell’esercizio dei suoi poteri, ai sensi dell’ultimo comma dell’articolo 411 c.c., possa essere impunemente violato dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno, soccorrendo in tal caso, oltre all’impugnazione di cui all’articolo 120 c.c., l’azione di annullamento ad opera dell’amministratore di sostegno, secondo la previsione dell’articolo 412, secondo comma, c.c..”
Di seguito il testo esteso della sentenza.
Cass. 11 05 17 n. 11536 Ads e matrimonioPER SAPERNE DI PIU’ SULL’AMMINISTRATORE DI SOSTEGNO, ORA GUARDA LA VIDEOGUIDA NELL’INTERVISTA QUI SOTTO
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Gentile Staff,
rivolgo la presente richiesta all’avv. Vigani, precisando che non vuole essere un commento all’argomento illustrato, ma un nuovo argomento su cui non ho letto da nessuna parte di sentenze che possano avvicinarsi, ringraziandolo comunque per gli interessantissimi argomenti trattati e commentati.
E vengo all’argomento nuovo che naturalmente espongo, rivolgendomi anche a chiunque abbia notizie al riguardo:
– quando l’apertura di un ADS è conseguente ad un vizio di nullita’ o inesistenza del presupposto da cui e’ stato emanato il decreto, una volta che gli effetti hanno fatto sì che allo stato civile venisse registrata l’annotazione di apertura dell’ADS, a chi ci si dovrebbe rivolgere per fare in modo che venga cancellata l’annotazione allo stato civile dai registri (dello stato civile del coune e della V.G. del tribunale), a prescindere che alla chiusura dell’ADS l’annotazione non figurerebbe piu’ nell’atto di nascita del beneficiario?
Il Tar potrebbe ordinare la cancellazione dai registri in caso di un provvedimento affetto da nullita’ assoluta? o chi altro?
Grazie per ogni risposta.
Paolo