Aumentano le amministrazioni di sostegno ed aumentano le correlate attività degli ADS, e le indennità?
Invero, conseguenza immediata dell’aumento del lavoro dell’ADS è la necessità, da un lato, di esatta quantificazione di quanto svolto dagli amministratori di sostegno e, dall’altro, di corretta computazione delle idennità spettanti agli ADS.
Il richiamo contenuto dall’art. 411 del cod. civ. alle norme in materia di interdizione e tutela fa implicitamente richiamo all’art. 379 del medesimo codice e detto articolo è rubricatp “Gratuità della Tutela”.
Insomma, questa norma prevede la gratuità dell’incarico, disponendo però la possibilità che venga riconosciuta al tutore (e, dunque, all’amministratore di sostegno) un’equa indennità, considerata:
La determinazione di ciò che significa “equa indennità” è perciò la questione che ci interessa e che viene risolta senza uniformità nei vari circondari di tribunale della Repubblica.
Innanzitutto è da dirsi che non tratta di un corrispettivo o di una retribuzione per l’attività svolta: sul punto concordano sia la Consulta che la Corte di Cassazione, nonostante la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate (2/2012), poi superata anche dal merito. Ne avevamo parlato qui e qui.
Secondo la lettura interpretativa fornita dalla Corte costituzionale (Corte Cost. 6 dicembre 1988 n. 1073, GC 1989, I, 258) l’“equa indennità”, che a norma dell’art. 379, secondo comma, c.c., il giudice tutelare può assegnare al tutore, “considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione”, «non ha natura retributiva, ma serve a compensare gli oneri e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato il tutore a cagione dell’attività di amministrazione del patrimonio del pupillo, alla quale l’ufficio tutelare lo obbliga personalmente senza possibilità di nominare sostituti».
Ebbene, questo porta a ritenere che si tratti di una corresponsione finalizzata a compensare il patrimonio perduto, in termini di spesa e di tempo (sotratto ad altre attività), da parte del’amministratore di sostegno: l’indennità deve essere quindi equa, ovvero non irrisoria o minima, ma sempre tale da esser commisurata e proporzionata all’effettiva attività svolta dall’ADS.
Il Giudice ha quindi un potere discrezionale nell’individuare l’entità di quanto è da ritenersi idoneo ad indennizzare l’ADS delle energie impiegate per svolgere la sua funzione e per il rimborso delle spese sostenute. Questa discrezionalità, purtroppo, porta a liquidazione estremamente variabili, diseguali e, sovente, poco gratificanti per chi ha impiegato il proprio tempo e le proprie energie nell’espletamento di un compito che il più delle volte è poco rappresentabile nel suo impegno attraverso scarna enumerazione di cose fatte da indicarsi in istanza di liquidazione.
Per questa ragione è da valorizzarsi il più possibile l’identificazione di un criterio unico che, seppur in assenza di parametri normativi, consenta la determinazione di un criterio condivisoche sappia tener conto delle effettive difficoltà incontrate e delle energie profuse dall’ADS.
In assenza anche di strumenti giursprudenziali omogenei, il percorso da scegliere non può che essere quello della redazione di protocolli fra i soggetti interessati:
Un primo esempio di parametro condiviso a mezzo protocollo è stato raggiunto nel circondario di La Spezia dove si è concordato con il tribunale spezzino un sistema di liquidazione proporzionato alle difficoltà incontrate ed al patrimonio della gestione.
Secondo il metodo messo a punto a La Spezia il Giudice Tutelare “deve tener conto della capienza del patrimonio del beneficiario (motivo che porta a non liquidare alcunchè in caso di carenza patrimoniale della procedura) della difficoltà della sua gestione, intermini di impegno profuso per la conservazione del patrimonio stesso, di tempo speso, di costi sostenuti“.
Anche se non serviva nemmeno richiamarlo, perchè scontato ed implicito, si precisa che l’attività dell’aministratore di sostegno deve essere valutata, ai fini della liquidazione dell’indennità, non solo in termini di gestione del patrimonio e, ove previsto, anche in termini di gestione della persona e di cura dei suoi interessi personali oltrechè patrimoniali.
Il percorso pare davvero valido e si può solo prenderlo a lezione auspicando che venga clonato in tutta la penisola.
Per consentirne la miglior diffusione, provvediamo di seguito a riportare di seguito il testo integrale del protocollo spezzino.
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